Considerata tra le donne più influenti del mondo, sarà la
prima presidente della Banca centrale europea. Nel 1981, a
Parigi, entra nello studio legale Baker & McKenzie.
La carriera politica inizia con Chirac e dal 2000 diventa
un'economista con visioni sempre fuori dagli schemi.
Quando arrivò a Bercy modificò radicalmente il modo
di lavorare. Al ministero dell’economia francese
puntualità ed efficienza divennero le due parole
d’ordine. Non tutti apprezzarono e i nemici si
moltiplicarono. Ma questo non le impedì di far carriera.
Anzi. Da allora
Christine Lagarde,
appena indicata come futuro governatore della Banca
centrale europea, ha collezionato un successo
dopo l’altro: prima donna al ministero dell’economia con
l’ex presidente Nicolas Sarkozy, prima donna nominata
direttore generale del Fondo monetario internazionale
ed infine, a 63 anni, prima donna a guidare la politica
monetaria dell’Unione.
Non caso, già nel 2018,
la rivista statunitense Forbes
l’aveva indicata come la terza donna più influente del mondo,
dopo la cancelliera Angela Merkel e l’ex premier
britannico Theresa May. “Ha saputo imporre la
calma senza porsi come una persona moralmente
superiore – spiegò un funzionario del ministero
dell’interno al giornale francese La Tribune
dell’ottobre 2010 – Oggi è molto apprezzata perché porta un
tocco di umanità”.
Proprio lei che dal suo metro e ottanta d’altezza, con
andatura altera e abbigliamento elegantemente
austero, sembra guardare tutti dall’alto verso il basso.
Forse anche perché essere donna di potere in un mondo
di uomini non è affatto facile: “Si perdona meno un
orlo disfatto ad una donna che un vestito un po’
stropicciato ad un uomo”, come ha più volte avuto modo
di ribadire.
Figurarsi poi, una donna che ha anche il coraggio di
dichiarare pubblicamente una vita sessuale appagante
anche “oltre i 50 anni”.
Di certo, nel suo percorso lineare, un tocco di “umanità” lo
ha lasciato l’affare Tapie per il quale la Corte
di giustizia della République l’ha ritenuta responsabile
di “negligenza” nel 2016. La colpa? Per i giudici, da
ministro, ha trattato con troppa “leggerezza” la gestione di
un contenzioso costato oltre 440 milioni alle casse
dello Stato francese.
Una sentenza storica pronunciata nella sala dove nel
1793 Maria Antonietta venne giudicata per aver
“dilapidato i beni della Francia”. Ma, si sa, errare
humanum est. Così, già ai vertici dell’Fmi, madame
Lagarde è risultata “colpevole, ma non condannata” come
riferisce il giornale Le Monde del 22 dicembre 2016.
Il simbolo di una “giustizia a due velocità” in un
verdetto “politicamente criticabile” che in compenso non
ha avuto alcun effetto sulla carriera di Madame Lagarde.
Sposata con l’imprenditore Xavier Giocanti, madre di
due figli avuti dall’ex marito, l’analista Wilfrid
Lagarde, il futuro governatore non è esattamente il
prototipo del politico francese.
E forse anche per questo è al tempo stesso temuta e
apprezzata dal presidente Emmanuel Macron che non
vorrebbe subirne la popolarità in Patria.
Parigina per nascita, madame Lagarde è però fuori dai
giri dell’Ecole nationale d’administration (Ena)
attorno alla quale ruota buona parte della politica
francese. Anche perché non è riuscita a superare l’esame di
ammissione per ben due volte. Ma è senza dubbio un
brillante avvocato d’affari che, dall’età di 17 anni, si
è formato negli Stati Uniti e che ha saputo combinare
il savoir faire francese alla praticità americana.
Prima figlia di quattro, unica donna, ha avuto un’infanzia
segnata dalla morte del padre. La mamma, docente di
lettere classiche, le ha insegnato con i fatti
l’importanza dell’indipendenza che ha consentito alla
famiglia di andare avanti nonostante il grave lutto.
E la Lagarde è stata l’allieva perfetta: da scout ha
subito mostrato doti di leadership diventando chef
de sizaine, responsabile del team. “Non ho mai
funzionato da sola, sia che con i miei fratelli che nella
vita” ha confessato all’Agence France Presse dello
scorso 2 luglio.
Persino nel nuoto, dove si specializza nel
sincronizzato, sport in cui la sintonia di squadra è tutto.
“ Ho avuto fortuna perché sono cresciuta in un ambiente allo
stesso tempo intransigente e tollerante, cristiano e
impegnato, più a sinistra che altrove – ha raccontato al
giornale francese La Tribune in un’intervista
dell’ottobre 2010 –.
Molto presto (…) sono andata a vivere negli Stati Uniti
e mi son aperta al mondo. Questa dimensione mi ha
trasformato in profondità. Quando ci si ritrova soli in una
cultura, in una lingua e in una modalità di
funzionamento che vi sono estranei, ci si rinforza”. E
forse anche qualcosa in più perché la relazione fra Stati
Uniti e Europa è diventata una costante nella
vita della Lagarde e lo resterà per sempre.
Agli inizi della carriera, dopo l’Università a Paris
Nanterre, la giovane Lagarde inizia uno stage
nello staff del deputato americano William Cohen che
in seguito diventerà segretario della Difesa durante
la presidenza di Bill Clinton.
Nel 1981, a Parigi, entra nello studio legale
Baker & McKenzie per diventarne il numero uno diciotto
anni dopo. La carriera politica inizia con Jacques
Chirac e Jean-Pierre Raffarin.
Così, agli inizi del 2000, l’avvocato d’affari si trasforma
in economista con visioni sempre fuori dagli schemi. Sul
caso Lehman si sente di puntualizzare che le cose
sarebbero andate diversamente se ci fosse stato un team
femminile a gestire la partita “perché le donne
hanno un approccio al rischio diverso”. Sulla vicenda della
crisi greca, da capo dell’Fmi, ammette che forse
l’eccessiva politica di austerità è stata un errore.
Sull’ambiente sostiene l’odiata carbon tax è l’unica
via d’uscita e sulla globalizzazione ritiene che
Donald Trump abbia ragione quando chiede “un migliore
rispetto delle regole del gioco e anche dell’ambiente
e in funzione specifica dell’obiettivo di inclusione dei
popoli” come spiega in un’intervista a Les Echos
del novembre 2018.
Ma dal prossimo novembre il suo campo d’azione sarà l‘Europa
in cui ha ancora fiducia; non ne teme l’implosione. Anche
perché l’Italia “tiene molto alla zona euro”. C’è da
scommettere che la sua sarà una politica accomodante,
sempre nei limiti del mandato della Bce
sull’inflazione, in continuità con il percorso già delineato
da Mario Draghi.
Una nuova avventura che inizierà consapevole del fatto che
“la riuscita non è mai qualcosa di acquisito. È un
combattimento perpetuo. Ogni mattina, bisogna portare il
proprio contributo e ridare prova delle proprie capacità –
si legge sul sito di La Tribune in un’intervista
dell’ottobre 2010 -.
Ciò che ha richiesto anni ad essere costruito, può affondare
l’indomani. Sono profondamente convinta della necessità di
andare avanti passo dopo passo, di rimettersi in questione
tutti i giorni, essendo coscienti della fragilità del
nostro percorso”. Ma anche della fragilità
dell’economia mondiale e soprattutto di quella europea.
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