Invocando il principio europeo di precauzione, l’Italia
continua a mantenere limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici più alti rispetto agli altri paesi Ue. Ma è
arrivato il tempo di aggiornare le norme, per tener conto
dei progressi scientifici.
Norme italiane e principi europei
La questione dell’aggiornamento dei vigenti limiti di
esposizione ai campi elettromagnetici è stata sollevata in
sede parlamentare con l’avvio dell’indagine conoscitiva
sulla transizione verso il 5G condotta dalla Commissione
Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera. Ne sono
emerse due posizioni contrapposte: da un lato è stata
espressa l’esigenza di rivedere gli attuali limiti,
allineandoli a quelli (più alti) raccomandati a livello
internazionale dall’Icnirp (International Commission on
Non-Ionizing Radiation Protection); dall’altro, è stato
sollevato il tema dei rischi per la salute umana che
potrebbero derivare dall’esposizione ai campi
elettromagnetici generati dalle frequenze 5G.
Senza addentraci in una valutazione tecnica delle diverse
tesi sostenute, è opportuno chiedersi perché in Italia,
nonostante la profonda innovazione tecnologica intervenuta
con il passaggio dalla prima alla quinta generazione dei
servizi mobili e la prolifica produzione normativa di
settore, la regolamentazione dei limiti di esposizione ai
campi elettromagnetici non si è evoluta di pari passo,
sicché l’impianto normativo risulta ancora fermo alla legge
quadro del 2001 e al successivo decreto attuativo del 2003.
La legge quadro detta due princìpi fondamentali: il primo,
assicurare la tutela della salute della popolazione dagli
effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi
elettromagnetici nel rispetto dell’articolo 32 della
Costituzione; il secondo, promuovere la ricerca scientifica
per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare
misure di cautela da adottare in applicazione del principio
di precauzione di cui all’articolo 191 del Trattato Ue.
Il decreto attuativo del 2003 stabilisce che, a tutela dalle
esposizioni ai campi elettromagnetici generati da frequenze
comprese tra 100 kHz e 300 GHz e utilizzate dai servizi
radiomobili, si applicano limiti assai più restrittivi
rispetto a quelli previsti dalla raccomandazione Ue del
1999. Si tratta di una scelta politica resa possibile grazie
al principio europeo di precauzione, richiamato
espressamente anche dalla stessa raccomandazione per
giustificare la facoltà riconosciuta agli stati membri di
fornire un livello di protezione più elevato rispetto a
quello da essa stessa stabilito.
Lo stesso Codice europeo delle comunicazioni elettroniche
del 2018 ribadisce l’esigenza di proteggere la salute
pubblica dai campi elettromagnetici, proprio sulla base
della raccomandazione Ue e del principio di precauzione
indicato dal Trattato, abdicando, pur se in via eccezionale,
alla primazia del principio di armonizzazione: lascia così
che continuino a sussistere limiti assai differenti nel
mercato (unico) europeo.
Una revisione su base scientifica
In definitiva, tra i diversi stati membri l’applicazione del
principio di precauzione è fortemente variegata e
discrezionale. Nel caso dell’Italia, i governi che si sono
succeduti nel tempo, nel difficile compito di garantire un
corretto bilanciamento tra interessi non sempre convergenti,
lo hanno invocato sistematicamente, giustificando così il
permanere di limiti che ancora oggi si discostano da quelli
indicati dalla raccomandazione Ue e dalle linee guida dell’Icnirp.
Utile in proposito ricordare che la comunicazione della
Commissione europea del 2000 stabilisce che le misure
applicative del principio di precauzione “debbono essere
mantenute finché i dati scientifici rimangono insufficienti,
imprecisi o non concludenti (…).
Come conseguenza dei nuovi dati scientifici, è possibile che
le misure debbano essere modificate o eliminate”. Accanto
all’“ampiezza dell’incertezza scientifica”, la Commissione
richiede, quindi, espressamente quale requisito per la sua
applicazione, anche il regolare “riesame delle misure alla
luce dell’evoluzione scientifica”.
Proprio per garantire una corretta applicazione del
principio, la legge quadro italiana prevede l’istituzione
del Comitato interministeriale per la prevenzione e la
riduzione dell’inquinamento elettromagnetico (Ciprie).
Nell’ultima relazione al Parlamento (del 2017 riferita al
2016), a proposito dei limiti di emissione elettromagnetica,
il Comitato sottolinea come resti “attuale (…) l’opportunità
di approfondire la soluzione normativa più idonea atta a
conciliare le esigenze di sviluppo delle reti mobili di
nuova generazione con gli obiettivi di tutela
radioprotezionistica della popolazione”, lasciando intendere
che è tempo di avviare un percorso di aggiornamento del
quadro normativo vigente.
E va ricordato che la “Strategia italiana per la banda
ultralarga” del 2015 indica tra i propri obiettivi
“l’adeguamento agli altri paesi europei dei limiti in
materia di elettromagnetismo”. Nella stessa direzione si
muove l’Autorità antitrust italiana che, nella recente
segnalazione al Parlamento n. AS 1551, auspica “una elle
nuove tecnologie”.
Niente però verifica (…) della validità degli attuali limiti
elettromagnetici previsti dal Dpcm 8 luglio 2003, alla luce
d si è mosso finora. Le norme introdotte in Italia nel 2001
continuano a rimanere applicabili e la decisione di
mantenerle in vigore, più di 15 anni dopo, appare basata su
scelte politiche non adeguatamente supportate da basi
scientifiche aggiornate. È giunto quindi il tempo di
rivedere le valutazioni del rischio per consentire ai
decisori politici l’adozione di scelte consapevoli e
informate.
Fabrizio Dalle Nogare
Fabrizio Dalle Nogare è professore a contratto di Diritto
della rete presso il Dipartimento di Scienze Aziendali
dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Laureato in
Giurisprudenza, ha conseguito il Master in “Alti studi
giuridici europei” presso il Collège d’Europe di Bruges.
Da oltre 25 anni lavora (tra Bruxelles e Roma) nel settore
delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica,
ricoprendo incarichi presso le istituzioni europee
(Commissione e Parlamento) e il settore privato. È
attualmente Direttore Affari Generali e Compliance della
Fondazione Ugo Bordoni, dopo una lunga carriera in TIM dove
ha ricoperto, tra gli altri, l’incarico di Vice President
Public Affairs e Direttore dell’Organo di vigilanza sulla
parità di accesso alla rete.
Ha al suo attivo numerose pubblicazioni in italiano e
francese in materia di diritto dei consumatori e
regolamentazione delle reti e dei servizi di comunicazione
elettronica. Nel 2019 ha pubblicato il manuale "Regolazione
e mercato delle comunicazioni elettroniche" edito da
Giappichelli.
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